Vangelo della terza domenica di Avvento
Qui di seguito pubblichiamo le letture ed un commento (http://kairosterzomillennio.blogspot.it/2011/12/iii-domenica-di-avvento-anno-b-testi-e.html), a cura di Padre Cantalamessa, delle letture della messa domenicale.
Prima Lettura Is 61, 1-2.10-11
Gioisco pienamente nel Signore..
Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l’anno di grazia del Signore.
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza,
mi ha avvolto con il mantello della giustizia,
come uno sposo si mette il diadema
e come una sposa si adorna di gioielli.
Poiché, come la terra produce i suoi germogli
e come un giardino fa germogliare i suoi semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutte le genti.
Salmo Responsoriale Lc 1, 46-54
La mia anima esulta nel mio Dio.
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.
Seconda Lettura 1 Ts 5, 16-24
Spirito, anima e corpo, si conservino irreprensibili per la venuta del Signore.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi.
Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!
Canto al Vangelo Is 61,1
Alleluia, alleluia.
Lo spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri.
Alleluia.
Vangelo Gv 1, 6-8. 19-28
In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.
Dal vangelo secondo Giovanni
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
La terza Domenica di Avvento si chiama Domenica “della gioia” e segna il passaggio dalla prima parte, prevalentemente austera e penitenziale, dell’Avvento alla seconda parte dominata dall’attesa della salvezza vicina. Il titolo le viene dalle parole “rallegratevi” (gaudete) che si ascoltano all’inizio della Messa: “Rallegratevi sempre nel Signore ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino” (Filippesi 4, 4-5). Ma il tema della gioia pervade anche il resto della liturgia della parola. Nella prima lettura sentiamo il grido del profeta: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio”. Il Salmo responsoriale è il Magnificat di Maria, intercalato dal ritornello: “La mia anima esulta nel mio Dio”. La seconda lettura infine comincia con le parole di Paolo: “Fratelli, siate sempre lieti”.
Quello di essere felici è forse il desiderio umano più universale. Tutti vogliono essere felici. Il poeta tedesco Schiller ha cantato questo anelito universale alla gioia in una poesia che poi Beethoven ha immortalato, facendone il famoso inno alla gioia che conclude la Nona sinfonia. Anche il vangelo è, a suo modo, un lungo inno alla gioia. Il nome stesso “vangelo” significa, come sappiamo, lieta notizia, annuncio di gioia. Ma il discorso della Bibbia sulla gioia è un discorso realistico, non idealistico e velleitario. Con il paragone della donna che partorisce (Giovanni 16, 20-22), Gesù ci ha detto molte cose. La gravidanza non è in genere un periodo facile per la donna. È anzi un tempo di fastidi, di limitazioni di ogni genere: non si può fare, mangiare, indossare tutto quello che si vuole, andare dove si vuole. Eppure, quando si tratta di una gravidanza voluta insieme, vissuta in un clima sereno, non è un tempo di tristezza, ma di gioia. Il perché è semplice: si guarda in avanti, si pregusta il momento in cui si potrà tenere in braccio la propria creatura. Ho sentito diverse mamme dire che nessun’altra esperienza umana può essere paragonata alla felicità che si prova nel divenire madre.
Tutto questo ci dice una cosa ben precisa: le gioie vere e durature maturano sempre dal sacrificio. Non c’è rosa senza spine! Al mondo, piacere e dolore (l’abbiamo osservato già una volta), si seguono l’un l’altro con la stessa regolarità con cui al sollevarsi di un’onda che spinge il nuotatore verso la spiaggia, segue un avvallamento e un vuoto che lo risucchia indietro. L’uomo cerca disperatamente di separare questi due “fratelli siamesi”, di isolare il piacere dal dolore. Ma non ci riesce perché è lo stesso piacere disordinato che si trasforma in amarezza. O improvvisamente e tragicamente, come ci dicono le cronache quotidiane, o un po’ alla volta, a causa della sua incapacità di durare e della noia che genera. Basta pensare, per fare gli esempi più evidenti, a che cosa resta dell’eccitazione della droga un minuto dopo cessato il suo effetto, o dove porta, anche dal punto di vista della salute, l’abuso sfrenato del sesso. Il poeta pagano Lucrezio ha due versi potenti a questo riguardo: “Un non so che d’amaro sorge dall’intimo stesso d’ogni nostro piacere e ci angoscia anche in mezzo alle nostre delizie”.
Non potendo dunque separare piacere e dolore, si tratta di scegliere: o un piacere passeggero che porta a un dolore duraturo, o un dolore passeggero che porta a un piacere duraturo. Questo non vale solo per il piacere spirituale, ma per ogni gioia umana onesta: quella di una nascita, di una famiglia unita, di una festa, del lavoro portato felicemente a termine, la gioia di un amore benedetto, dell’amicizia, di un buon raccolto per l’agricoltore, della creazione artistica per l’artista, di una vittoria agonistica per l’atleta.
Qualcuno potrebbe obbiettare: ma allora per il credente la gioia, in questa vita, sarà sempre e solo oggetto di attesa, solo una gioia “di là da venire”? No, c’è una gioia segreta e profonda che consiste proprio nell’attesa. Anzi è forse questa, nel mondo, la forma più pura della gioia; la gioia che si ha nello sperare. Il poeta Leopardi l’ha detto meravigliosamente nella poesia Il sabato del villaggio. La gioia più intensa non è quella della domenica, ma quella del sabato; non quella della festa, ma quella della sua attesa. La differenza è che la festa che il credente aspetta non durerà solo alcune ore, per poi cedere di nuovo il posto a “tristezza e noia”, ma durerà per sempre.