SS Corpo e Sangue di Cristo, letture e commento

Pubblichiamo le letture della Messa domenicale accompagnate da un commento a cura di padre Ermes Ronchi (https://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=43320).

Prima Lettura  Es 24, 3-8
Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!».

Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrifi­care giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.

Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».

Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

 
Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 115
Alzerò il calice della salvezza  e invocherò il nome del Signore.

Che cosa renderò al Signore, 
per tutti i benefici che mi ha fatto? 
Alzerò il calice della salvezza 
e invocherò il nome del Signore. 

Agli occhi del Signore è preziosa 
la morte dei suoi fedeli. 
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava: 
tu hai spezzato le mie catene. 

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento 
e invocherò il nome del Signore. 
Adempirò i miei voti al Signore 
davanti a tutto il suo popolo. 

Seconda Lettura  Eb 9, 11-15
Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza. 
 
Dalla lettera degli Ebrei

Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.

Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?

Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa.

 

SEQUENZA

 

[ Sion, loda il Salvatore, 
la tua guida, il tuo pastore 
con inni e cantici. 
 

    Lauda Sion Salvatorem,

    lauda ducem et pastorem,

    in hymnis et canticis.

 
Impegna tutto il tuo fervore: 
egli supera ogni lode, 
non vi è canto che sia degno. 

 

    Quantum potes, tantum aude:

    quia major omni laude,

    nec laudare sufficis,
Pane vivo, che dà vita: 
questo è tema del tuo canto, 
oggetto della lode. 
 

    laudis thema specialis,

    panis vivus et vitalis

    hodie proponitur.
Veramente fu donato 
agli apostoli riuniti 
in fraterna e sacra cena. 
 

   Quem in sacræ mensæ coenæ,

    turbæ fractrum duodenæ

    datum non ambigitur.
Lode piena e risonante, 
gioia nobile e serena 
sgorghi oggi dallo spirito. 

 

    Sit laus plena, sit sonora,

    sit jucunda, sit decora
    mentis jubilatio.

 
Questa è la festa solenne 
nella quale celebriamo 
la prima sacra cena.

 

    Dies enim solemnis agitur,

    in qua mensæ prima recolitur

    Hujus institutio.
E il banchetto del nuovo Re, 
nuova, Pasqua, nuova legge; 
e l’antico è giunto a termine. 

 

    In hac mensa novi Regis,

    novum Pascha novæ legis,

       phase vetus terminat.
Cede al nuovo il rito antico, 
la realtà disperde l’ombra: 
luce, non più tenebra. 

   

    Vetustatem novitas,

    umbram fugat veritas,

    noctem lux eliminat.
Cristo lascia in sua memoria 
ciò che ha fatto nella cena: 
noi lo rinnoviamo,
 

    Quod in coena Christus gessit,

    faciendum hoc expressit

    in sui memoriam.
Obbedienti al suo comando, 
consacriamo il pane e il vino, 
ostia di salvezza. 

 

    Docti sacris institutis,

    panem, vinum in salutis

    consecramus hostiam.

 
È certezza a noi cristiani: 
si trasforma il pane in carne, 
si fa sangue il vino. 

 

    Dogma datur christianis,

    Quod in carnem transit panis,

       Et vinum in sanguinem.
Tu non vedi, non comprendi, 
ma la fede ti conferma, 
oltre la natura. 

 

    Quod non capis, quod non vides,

    animosa firmat fides,

    Præter rerum ordinem.
È un segno ciò che appare: 
nasconde nel mistero 
realtà sublimi.

 

      Sub diversis speciebus,

   signis tantum, et non rebus,

      latent res eximiæ.
 

Mangi carne, bevi sangue; 
ma rimane Cristo intero 
in ciascuna specie. 
 

    Caro cibus, sanguis potus:

    manet tamen Christus totus

       sub utraque specie. 
Chi ne mangia non lo spezza, 
né separa, né divide: 
intatto lo riceve. 
 

    A sumente non concisus,

    non confractus, non divisus:

    integer accipitur.
Siano uno, siano mille, 
ugualmente lo ricevono: 
mai è consumato. 

 

    Sumit unus, sumunt mille:

    quantum isti, tantum ille:

    Nec sumptus consumitur.

 
Vanno i buoni, vanno gli empi; 
ma diversa ne è la sorte: 
vita o morte provoca. 
 

    Sumunt boni, sumunt mali:

    sorte tamen inæquali,
    vitæ vel interitus.

Vita ai buoni, morte agli empi: 
nella stessa comunione 
ben diverso è l’esito! 

 

    Mors est malis, vita bonis:

    Vide paris sumptionis

    quam sit dispar exitus.
Quando spezzi il sacramento 
non temere, ma ricorda: 
Cristo è tanto in ogni parte, 
quanto nell’intero. 

 

    Fracto demum sacramento,

    ne vacille, sed memento
    tantum esse sub fragmento,

 
È diviso solo il segno 
non si tocca la sostanza; 
nulla è diminuito 
della sua persona. ]

 

    Quantum tot tegitur.

    Nulla rei fit scissura:

    Signi tantum fit fractura,

    qua nec status, nec statura        
    signati minuitur.

Ecco il pane degli angeli, 
pane dei pellegrini, 
vero pane dei figli: 
non dev’essere gettato.

 

    Ecce Panis Angelorum,

    factus cibus viatorum:

    vere panis flliorum,

    non mittendus canibus.

  
Con i simboli è annunziato, 
in Isacco dato a morte, 
nell’agnello della Pasqua, 
nella manna data ai padri. 

 

    In figuris præsignatur,

    cuni Isaac immolatur,

    Agnus Paschæ deputatur,
    datur manna patribus.

 
Buon pastore, vero pane, 
o Gesù, pietà di noi: 
nutrici e difendici, 
portaci ai beni eterni 
nella terra dei viventi. 

 

    Bone pastor, panis vere,

    Jesu, nostri miserere:

    Tu nos pasce, nos tuere,

    tu nos bona fac videre
    in terra viventium.

 
Tu che tutto sai e puoi, 
che ci nutri sulla terra, 
conduci i tuoi fratelli 
alla tavola del cielo 
nella gioia dei tuoi santi.
 

    Tu qui cuncta seis et vales,

    qui nos pascis hic mortales:

    Tuos ibi commensales,

    coheredes et sodales

    fac sanctorum civium.

      Amen. (Alleluia).

   
Canto al Vangelo
    Gv 6,51
Alleluia, alleluia.

Io sono il pane vivo disceso dal cielo, dice il Signore, 
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. 
Alleluia.

   

   
Vangelo 
 Mc 14, 12-16. 22-26
Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.
 
Dal vangelo secondo Marco

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».

Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».

I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. 
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

 

Il suo sangue nelle nostre vene. Così l’eucarestia ci trasforma

Prendete, questo è il mio corpo. Il verbo è preciso e nitido come un ordine: prendete. Stringente e senza alibi. Gesù non chiede agli Apostoli di adorare, contemplare, venerare quel Pane, dice molto di più: io voglio stare nelle tue mani come dono, nella tua bocca come pane, nell’intimo tuo come sangue, farmi cellula, respiro, pensiero di te. Tua vita. Vi prego, prendete e dentro risuona tutto il bisogno di Dio di realizzare con noi una comunione senza ostacoli, senza paure, senza secondi fini.

«Stringiti in me, stringimi in te» (G. Testori): il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Lo esprime con una celebre formula Leone Magno: partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo. Che possiamo tutti diventare ciò che riceviamo: anche noi corpo di Cristo.E allora capiamo che Dio non è venuto nel mondo con il semplice obiettivo di perdonare i nostri peccati. Sarebbe una visione riduttiva, sia di Dio che dell’uomo.Il suo progetto è molto più grande, alto, potente: portare cielo nella terra, Dio nell’uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati: è venuto a portare se stesso. Siamo abituati a pensare Dio come Padre, portatore di quell’amore che ci è necessario per venire alla vita; ma Dio è anche Madre, che nutre di sé i suoi figli, li nutre al suo petto, con il suo corpo.

Ed è anche Sposo, amore esuberante che cerca risposta. Dice Gesù: i miei discepoli non digiunano finché lo sposo è con loro. E l’incontro con lui è come per gli amanti del Cantico: dono e gioia, intensità e tenerezza, fecondità e fedeltà. Nel suo corpo Gesù ci dà tutta la sua storia, di come amava, come piangeva, come gioiva, ciò che lo univa agli altri: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore.Prendete questo corpo, vuol dire: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo, il mio modo libero e regale di avere cura e passione per ogni forma di vita.Con il suo corpo Gesù ci consegna la sua storia: mangiatoia, strade, lago, volti, il duro della Croce, il sepolcro vuoto e la vita che fioriva al suo passaggio.

Con il suo sangue, ci comunica il rosso della passione, la fedeltà fino all’estremo. Vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio. Che si estende fino ad abbracciare tutto ciò che vive quaggiù sotto il sole, i poveri, gli scartati, e poi i nostri fratelli minori, le piccole creature, il filo d’erba, l’insetto con il suo misterioso servizio alla vita, in un rapporto non più alterato dal verbo prendere o possedere, ma illuminato dal più generoso, dal più divino dei verbi: donare.

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