Ritrovare la fede, una testimonianza importante
Davvero toccante e significativa è stata la testimonianza dei coniugi Varasi, che, nel pomeriggio di sabato 17 marzo, presso la nostra parrocchia hanno raccontato, attraverso la loro esperienza, come anche da un evento tragico come la morte di un figlio si possa trovare la fede. Ecco la trascrizione del loro intervento e qualche immagine dell’incontro
TESTIMONIANZA PRESSO PARROCCHIA BEATA VERGINE
PIETRO
Io mi chiamo Gianpietro e questa è mia moglie Monica, viviamo a Casalmaggiore e ci siamo sposati nel lontano 1993. Ci siamo sposati in chiesa perché così voleva lei, io non avevo neppure fatto la cresima ma per amore ho acconsentito anche se questo ha comportato mesi di catechesi.
Devo confessare che io non credevo in Dio, pensavo che tutto dipendesse da me e contavo solo sulle mie forze, se dovevo ringraziare qualcuno di ciò che avevo nella vita quello ero io.
MONICA
Come ha detto mio marito noi ci siamo sposati in chiesa, ma confesso che è stato tutto fatto per tradizione e non per fede, infatti negli anni a seguire si andava a messa solo a Natale e a Pasqua.
Poi nel 1996 è nato Alessandro e come tutte le coppie lo abbiamo battezzato e come tutti i bimbi ha frequentato il catechismo sino alla cresima, ma ovviamente i nostri incontri con la chiesa ed il sacerdote erano quelli di rito e nulla più.
La domenica mattina, la maggior parte delle volte, lo portavamo in chiesa scaricandolo sul piazzale e poi ce ne tornavamo a casa, io ad occuparmi io delle faccende domestiche e mio marito del giardino, in fondo lavorando tutta settimana, sabato compreso, mica potevamo correre appresso a Dio, in fondo se lui esisteva sapeva benissimo che avevamo cose più importanti e necessarie da fare e poi eravamo una brava famiglia, non eravamo litigiosi, neppure maleducati o indisponenti e rispondevamo sempre agli annunci che la tv faceva per donare qualche euro ai terremotati, piuttosto che agli alluvionati o ai paesi del terzo mondo, se qualche amico aveva bisogno di noi eravamo pronti e insomma non vedevamo proprio la necessità di correre appresso a oratori, preti e messe.
In poche parole conducevamo una vita semplice ma impostata tutta su di noi e la nostra famiglia, agli altri erano date le briciole, che fossero del nostro tempo o del nostro denaro piuttosto che del nostro aiuto, quindi non vedevamo al di là del nostro naso, praticamente facevamo la vita che conduce la maggior parte della gente in questo mondo frenetico dove si corre per ogni cosa e quando ci si ferma si pensa soltanto all’io o al noi.
Poi nel settembre 2011 accade quello che mai avremmo pensato potesse succedere a noi, Alessandro viene investito da un’auto e muore sul colpo.
In quel momento l’unica cosa che ci passa per la testa è di voler morire con lui, in fondo quell’unico figlio era il centro della nostra vita.
Grazie a questa croce grande e pesante che non eravamo in grado di portare da soli abbiamo incontrato Cristo, lo abbiamo incontrato perché è stato lui a mostrarsi a noi, lui a parlare ai nostri cuori, lui che ci ha fatto incontrare una chiesa che ci è stata vicina in questa esperienza dolorosa.
In particolar modo dobbiamo ringraziare Don Alberto Franzini, il nostro parroco che ci è sempre stato accanto come un padre amorevole guidandoci nella comprensione delle scritture e a suor Maria di Casa giardino con la quale abbiamo imparato a sgranare un rosario e a contemplarne i sui misteri.
PIETRO
Naturalmente sarete curiosi di sapere cosa ci abbia convinto a trasformare così radicalmente la nostra vita da essere molto più certi dell’esistenza di Dio che di ciò che i nostri occhi vedono su questa terra.
Ebbene innanzitutto come ha detto mia moglie è stato Dio a cercarci; già un anno prima della salita al cielo di nostro figlio io continuavo a ripetere a Monica di amarlo più che poteva perché ce lo avrebbero portato via e lei ogni volta arrabbiandosi mi diceva di non dire stupidaggini e mi metteva il broncio.
Non so da dove mi venisse quella sensazione ma voglio pensare che dal cielo qualcuno già ci stava preparando all’evento doloroso che dovevamo affrontare, infatti quando è accaduto ci siamo detti “Lo Sapevamo”.
Naturalmente non è stata la sola cosa strana che ci è capitata, ma una serie di coincidenze ci hanno fatto pensare che Dio esiste e i nostri cari che vivono in lui pure.
MONICA
Una tragedia come la nostra è una benedizione non solo per noi ma per coloro che ci incontrano e ci stanno accanto perché abbiamo modo di testimoniare che il nostro Dio è vivo, è l’Emmanuele il Dio con noi, è un Dio che è presenza reale nella nostra vita. Non fraintendetemi, non sto dicendo che è stato bello perdere nostro figlio, non sono ancora impazzita, ma sto dicendo che solo grazie a questo il nostro sguardo è cambiato e solo così abbiamo compreso molte cose.
Comunque ora vi parlo di alcuni fatti che ci hanno condotto pian piano alla conversione; in quel dolore lancinante non umanamente spiegabile abbiamo accolto i segni come briciole di pane che Dio seminava sul nostro cammino.
Tanto per iniziare, la notte della tragedia mio marito era all’ospedale perché il giorno prima era stato operato di calcoli alla cistifelia e quindi i dottori hanno pensato bene di trattenere anche me per evitare un ulteriore dramma ed anche se non me lo hanno detto apertamente si capiva benissimo. Come potete immaginare non riuscivo a chiudere occhio, così le infermiere verso mezzanotte mi danno un tranquillante e finalmente riesco a riposare ma solo per un paio d’ore dopo di che mi sveglio urlando a mio marito: “Pietro l’ho visto, ho visto Ale” si lo avevo sognato ma era come se fosse vero.
Era in un prato dove c’erano tanti altri ragazzini come lui che lo aspettavano sorridenti ma Ale mi dava le spalle ed aveva solo il volto rivolto verso di me, il suo sguardo non era sorridente come tutti lo conoscono,ma nemmeno triste, piuttosto direi sconsolato come a dirmi non posso fare diversamente e mi dice “Devo andare”.
E’ solo un sogno, qualcuno dirà, ma non per me perché i colori di quel posto erano diversi dai colori della terra, molto più luminosi e splendenti, non ho paragoni per descriverli perché non esiste nulla di simile a cui potrei paragonarveli, ebbene direte!.
Dovete sapere che almeno 3 o 4 anni prima ho fatto uno strano sogno e per altro in circostanze normali, senza che fosse accaduto nulla di strano; io mi trovo in una galleria buia con due presenze al mio fianco che mi stanno accompagnando in fondo dove c’è una luce. Queste presenze sono molto più alte di me forse un paio di metri e quando giungiamo alla luce mi dicono: “Solo un attimo”, così io sporgo il mio sguardo oltre la luce e vedo un giardino meraviglioso pieno di alberi ma la cosa stupefacente è che ha dei colori così brillanti che al momento del risveglio non riesco a descriverli nemmeno a Pietro.
Dopo circa due settimane non di più ci troviamo al Mare a Marina di Massa e passando in rassegna un banco di libri usati ne scorgo uno che parla delle esperienze di pre morte, lo acquisto e nei numerosi racconti ce n’è uno solo che parla di una donna che viene accompagnata da due angeli in un tunnel e li descrive come altissimi, più di 2 metri.
Al tempo leggevo solo libri di basso livello, per intenderci quei romanzetti rosa chiamati “Armony” e non so proprio cosa mi avesse spinta a comprare questo libro, ma ora che avevo sognato Ale in un luogo con quei colori intensi ero sicura che ci dovesse essere altro a questa esistenza e così ci siamo messi alla ricerca.
Metterci in cerca significa che abbiamo rispolverato un po’ la nostra fede, recitavamo sempre ed ogni giorno a nostro figlio un Padre nostro, un’Ave Maria e un Gloria al Padre, le uniche preghiere che sapevamo, era un modo per digli “Se veramente esiste Dio e tu vivi con lui questo è il solo modo per raggiungerti” ed effettivamente più pregavamo e più i segni aumentavano e così si è rafforzata la nostra percezione di aver instaurato un vero e proprio dialogo fra noi ed il paradiso.
PIETRO
Mi ricordo il modo strano con cui abbiamo conosciuto Suor Maria, l’8 dicembre il giorno dell’Immacolata siamo andati a Lourdes e qui stranamente mi è stato chiesto di portare con altri uomini, durante la processione, la statua di Maria .
Mia moglie era nella folla lontano da me e quando ci siamo ritrovati mi ha detto che era vicino ad una ragazzina disabile, ma non fisicamente ma mentalmente e che si sono sorrise durante tutta la processione, poi il giorno dopo durante la recita del rosario alla grotta l’ha vista nuovamente e di nuovo si sono sorrise.
Io invece il giorno della partenza per rientrare a casa vedo nei pressi dell’aereoporto un bimbo disabile anche lui con un ritardo cognitivo che mi corre fra le gambe e mi abbraccia sorridendomi, naturalmente i genitori si sono avvicinati per scusarsi.
Una volta a casa dopo pochi giorni ci capita tra le mani il giornale locale “La Provincia” e qui nella pagina di Casalmaggiore si parla di Suor Maria e dei suoi ragazzi disabili che faranno una recita pre natalizia e invitava tutta la popolazione a vederli e sostenerli. Ma secondo voi siamo andati? Naturalmente no, ci sembrava un po’ assurdo andare e dirle cosa? Siamo qui perché il Signore ci ha dato un segno! Forse ci avrebbe presi per pazzi e così abbiamo evitato, ma poi……….
MONICA
Poi succede che dopo Natale andiamo in montagna e qui vediamo nella locandina del paesino che si terrà un concerto di organo e violino alla chiesa parrocchiale e dato che non c’è altro decidiamo di andare. Preciso che io e Pietro siamo ragazzi degli anni 80 con la discomusic nel cuore e non abbiamo mai ascoltato concerti di nessun genere, ci sembravano monotoni e per anziani, ma decidiamo ugualmente di andare e devo dire che il violino ci ha incantato, ne eravamo rimasti affascinati.
Ma il violino serviva a ricondurci a Suor Maria, infatti dopo l’epifania un nostro cliente e per giunta di una certa età, parliamo di un settantenne circa, ci fa un invito per ascoltare un ragazzo che suonerà il violino e noi entusiasti accettiamo , ma quando poi ci comunica che si terrà a Casa Giardino dove una suora carinissima si occupa di ragazzi disabili ecco che noi quasi sorridiamo perché già avevamo capito tutto, qualcuno voleva proprio farci andare dove avevamo rifiutato la prima volta.
Ma la cosa bellissima non è solo questa, oggi è con noi un bimbo in affido che noi non abbiamo ne cercato ne voluto, ma che il Signore ci ha mandato e secondo voi come è? esattamente come i ragazzini di Lourdes ed i figlioli di Suor Maria.
PIETRO
Come ha detto mia moglie noi dopo la perdita del nostro Ale non volevamo assolutamente bimbi in casa ed anche se erano già passati cinque anni rifiutavamo a priori questa cosa. Ci siamo risollevati con tanta fatica ma anche con tanti aiuti da parte di Dio che ci accompagnava giorno dopo giorno nel cammino ed i suoi segni ci hanno donato non solo la fede e la speranza ma anche tanta carità.
Comunque dato che abbiamo cessato l’attività di gestori di un distributore di benzina e solo io lavoro, Monica si è data al volontariato ed un giorno le viene chiesto se può dedicare un po’ di tempo per un bimbo che ha bisogno di fare esperienza di vita fuori le mura domestiche dato che ha già 6 anni e dovrà andare in prima fra pochi mesi e non ha praticamente nessuna conoscenza del mondo esterno.
MONICA
Come ha detto mio marito un bel giorno mi viene chiesto da parte di un’amica se ho spazio per occuparmi anche di questo bimbo, ma io non sapevo assolutamente niente di affido anche perché non ci interessava e quanto mi parla di assistenti sociali che dirigono la cosa non mi era neppure balenato in testa che cercassero famiglia, per me era un aiuto e basta.
Comunque dopo circa 2 mesi veniamo contattati dai servizi i quali ci informano che erano piuttosto restii a lasciarci gestire il bimbo perché con la nostra storia famigliare pensavano che passassimo dall’affido per scavalcare l’iter burocratico e lungo delle adozioni.
A questo punto io e mio marito ci siamo guardati allibiti e abbiamo confessato che a noi non interessava proprio avere bimbi in casa, forse non ci eravamo capiti, noi volevamo solo aiutare un’amica che ci aveva segnalato questa cosa che le stava a cuore ma assolutamente era lungi da noi il pensiero di qualcosa di più impegnativo e quindi se desideravano una mano eravamo ben disposti ma se volevano una famiglia per affidarlo di non pensare assolutamente a noi.
Dopo questi doverosi chiarimenti dove gli assistenti sembrano sollevati dalle nostre affermazioni iniziamo gli incontri con il bimbo che stranamente ha un nome simile a nostro figlio, Aleksander.
La bellezza della cosa è che una settimana prima di recarmi all’asilo per conoscerlo faccio uno strano sogno: “Sono sul divano di casa mia con un bimbo che mi sta difronte e guardandomi negli occhi mi dice-Ti amo- io ho solo la forza di rispondergli anche io ti voglio bene (Forse il Don ha già capito di che brano di vangelo si parla ma io lo apprenderò in seguito durante una catechesi per catechisti dove ci viene spiegato bene il dialogo fra Gesù risorto e San Pietro) ma di particolare c’è che questo bimbo è biondo, occhi azzurri e carnagione chiarissima”. Al risveglio sono arrabbiatissima, so che quello nel sogno non è mio figlio anche se ha i suoi tratti, e mi domando che razza di sogno vado a fare e oltretutto non ne capisco il senso.
Naturalmente poi recandomi a conoscere il bambino di cui dovevo occuparmi ho capito che quello del sogno era lui, non posso giurare che avesse proprio lo stesso viso ma i tratti degli occhi, capelli e carnagione c’erano tutti.
Nonostante tutto sia io che Pietro eravamo sempre dell’idea di non prenderlo in affido, la nostra libertà e riconquista di vita ,in apparenza serena e felice, veniva prima di ogni cosa ma dopo due settimane il piccolo che riaccompagnavamo a casa all’imbrunire inizia a fermarsi a cena da noi, anche qui non sto a raccontarvi ma credete non è stata iniziativa nostra.
Dopo un po rifiuta persino di andare a casa dopo cena, ma noi assolutamente non molliamo e così ogni volta lo lasciamo in un mare di lacrime e visto che iniziavamo a farci coinvolgere un po troppo cerchiamo di discutere fra noi come possiamo gestire la cosa senza cadere nell’affido.
Naturalmente dopo una settimana di notti in bianco, di pianti e sensi di colpa non abbiamo proprio trovato una soluzione, gli assistenti cercano una famiglia che non c’è e io oso dire a mio marito: “Magari possiamo provare per un po” ma subito Pietro mi risponde categorico che non se ne parla, anzi una mattina prima di andare al lavoro mi intima di telefonare ai servizi sociali dicendo che rinunciamo anche all’aiuto che stavamo dando, io sinceramente gli dico che il bimbo soffrirà tantissimo ma forse ha ragione lui, non possiamo dagli di più e forse è meglio non illuderlo.
Quella mattina però non mi sento di telefonare subito all’assistente sociale, prima decido di mettermi in preghiera e parlo a Dio: “Senti se tu vuoi che facciamo questa cosa e prendiamo il bimbo in affido devi aiutarci, io sono un po’ disposta ma non molto convinta e Pietro devi convincerlo tu” poi ho recitato forse un Padre Nostro e un’Ave Maria e chiuso.
A mezzogiorno torna dal lavoro Pietro e la prima cosa che mi chiede è: “Hai telefonato ai servizi sociali?” io temendo la sua reazione cerco di biascicare qualcosa del tipo, no, ma veramente, sai ho pregato e……… ma ecco che la sua affermazione mi stupisce, non chiamare più o meglio chiama e digli che lo prendiamo in affido.
Io non capivo più nulla, avevo chiesto aiuto al Signore ma non pensavo così velocemente, non mi sentivo pronta ma se Dio aveva cambiato qualcosa in Pietro in pochissime ore significava che era veramente un progetto suo, così è iniziata la nostra avventura dell’affido.
PIETRO
Potremmo stare qui ore a raccontarvi di questi sei anni e mezzo senza Ale ma con Dio al nostro fianco ma forse ora avete voglia di chiedere voi qualcosa o di approfondire il discorso, quindi noi finiamo la nostra testimonianza così.