Letture e commento della XXVI domenica del tempo ordinario

Le letture della Messa di domenica 1 ottobre con il commento di Padre Raniero Cantalamessa (http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=13696)

Prima Lettura  Ez 18, 25-28
Se il malvagio si converte dalla sua malvagità, egli fa vivere se stesso.

Dal libro del profeta Ezechiele
Così dice il Signore: 
«Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? 
Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. 
E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà». 

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 23
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia.
 
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare:
ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia, 
insegna ai poveri la sua via. 

Seconda Lettura
  Fil 2, 1-11 (Forma breve Fil 2, 1-5)
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
[ Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. 
Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù ]:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio 
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

Canto al Vangelo
   Gv 10,27
Alleluia, alleluia.

Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia.

   

   
Vangelo  Mt 21, 28-32
Pentitosi, andò. I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L’ultimo». 
E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 
E` venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli». 

“Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Dicono: L’ultimo”.

Il figlio della parabola che dice sì e fa no rappresenta coloro che conoscevano Dio e seguivano la sua legge, ma poi all’atto pratico, quando si è trattato di accogliere Cristo che era “il fine della legge”, si sono tirati indietro. Il figlio che dice no e fa sì rappresenta coloro che un tempo vivevano fuori della Legge e della volontà di Dio, ma poi, davanti a Gesù, si sono ravveduti e hanno accolto il Vangelo. Di qui la conclusione che Gesù tira davanti ai “principi dei sacerdoti e anziani del popolo”: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio”.

Nessun detto di Cristo è stato più manipolato di questo. Si è finito per creare a volte una specie di aura evangelica intorno alla categoria delle prostitute, idealizzandole e opponendole ai cosiddetti benpensanti, che sarebbero tutti, indistintamente, scribi e farisei ipocriti. La letteratura è piena di prostitute “buone”. Basti pensare alla Traviata di Verdi, o alla mite Sonia di Delitto e castigo di Dostoevskij!

Ma questo è un terribile fraintendimento. Gesù fa un caso limite, come per dire: “Perfino le prostitute -che è tutto dire- vi precederanno nel regno di Dio”. La prostituzione è vista in tutta la sua serietà e presa come termine di paragone per stabilire la gravità del peccato di chi rifiuta ostinatamente la verità.

Non ci si rende conto, oltre tutto, che idealizzando la categoria delle prostitute, si viene a idealizzare anche quella dei pubblicani che sempre l’accompagna nel Vangelo, cioè degli strozzini. Se Gesù accosta tra loro queste due categorie non è, del resto, senza un motivo; gli uni e le altre hanno posto il denaro al di sopra di tutto nella vita.

Sarebbe tragico se quella parola del Vangelo rendesse i cristiani meno attenti a combattere il fenomeno degradante della prostituzione, che ha assunto oggi proporzioni così allarmanti nelle nostre città. Gesù aveva troppo rispetto per la donna per non soffrire, lui per primo, per quello che essa diventa, quando si riduce in questo stato. Ciò per cui egli apprezza la prostituta non è la sua maniera di vivere, ma la sua capacità di cambiare e di mettere a servizio del bene la propria capacità di amare. Come la Maddalena che, convertitasi, seguì Cristo fin sotto la croce e divenne la prima testimone della risurrezione (supposto che fosse una di esse).

Quello che a Gesù preme inculcare con quella sua parola, lo dice chiaramente alla fine: i pubblicani e le prostitute si sono convertite alla predicazione di Giovanni Battista; i principi dei sacerdoti e gli anziani no. Il Vangelo non ci spinge dunque a promuovere campagne moralistiche contro le prostitute, ma neppure a scherzare con il fenomeno, quasi fosse una cosa da nulla.

Oggi, tra l’altro, la prostituzione si presenta sotto una forma nuova che riesce a far soldi a palate, senza neppure correre i tremendi rischi che sempre hanno corso le povere donne condannate alla strada. Questa forma consiste nel vendere il proprio corpo, rimanendo tranquille dietro una macchina fotografica o una telecamera, sotto la luce dei riflettori. Quello che la donna fa quando si presta alla pornografia e a certi eccessi della pubblicità è un vendere il proprio corpo per gli sguardi, anziché per il contatto. È prostituzione bell’e e buona, e peggiore di quella tradizionale, perché si impone pubblicamente e non rispetta la libertà e i sentimenti della gente.

Ma fatta questa doverosa denuncia, tradiremmo lo spirito del Vangelo se non mettessimo anche in luce la speranza che quella parola di Cristo offre alle donne che per le circostanze più diverse della vita (spesso per disperazione), si sono ritrovate sulla strada, vittime il più delle volte di sfruttatori senza scrupoli. Il Vangelo è “vangelo”, cioè buona notizia, notizia di riscatto, di speranza, anche per le prostitute. Anzi forse prima di tutto per esse. Gesù ha voluto che fosse così.

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