Letture della XXV domenica del tempo ordinario

Pubblichiamo le letture ed il Commento, a cura di Padre Raniero Cantalamessa (http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=13633), della S. Messa di domenica.

Prima Lettura  Is 55, 6-9
I miei pensieri non sono i vostri pensieri.

Dal libro del profeta Isaia
Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 144
Il Signore è vicino a chi lo invoca.

Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza. 

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. 

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca, 
a quanti lo invocano con sincerità.

Seconda Lettura  Fil 1,20c-24.27a
Per me vivere è Cristo

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési.
Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. 
Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. 
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.

Canto al Vangelo 
  Cf At 16,14b 
Alleluia, alleluia.

Apri, Signore, il nostro cuore
e comprenderemo le parole del Figlio tuo.
Alleluia.

   


Vangelo  Mt 20, 1-16
Sei invidioso perché io sono buono?

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

 

La parabola degli operai mandati a lavorare nella vigna in ore diverse del giorno ha creato sempre grosse difficoltà ai lettori del Vangelo. È accettabile il modo di fare del padrone che dà la stessa paga a chi ha lavorato un’ora e a chi ha lavorato un’intera giornata? Non viola, esso, il principio della giusta ricompensa? I sindacati insorgerebbero in coro oggi, se qualcuno facesse come quel padrone.

La difficoltà nasce da un equivoco. Si considera il problema della ricompensa in astratto e in generale, oppure in riferimento alla ricompensa eterna in cielo. Vista così, la cosa contraddirebbe in effetti il principio secondo cui Dio “rende a ciascuno secondo le sue opere” (Rom 2, 6). Ma Gesù si riferisce qui a una situazione concreta, a un caso ben preciso. L’unico denaro che viene dato a tutti è il regno dei cieli che Gesù ha portato sulla terra; è la possibilità di entrare a far parte della salvezza messianica. La parabola comincia dicendo: “Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba…”.

Il problema è, ancora una volta, quello della posizione di ebrei e pagani, o di giusti e peccatori, nei confronti della salvezza annunciata da Gesù. Anche se i pagani (rispettivamente, i peccatori, i pubblicani, le prostitute ecc.) solo davanti alla predicazione di Gesù si sono decisi per Dio, mentre prima erano lontani (“oziosi”), non per questo occuperanno nel regno una posizione diversa e inferiore. Anch’essi siederanno alla stessa mensa e godranno della pienezza dei beni messianici. Anzi, poiché essi si mostrano più pronti ad accogliere il Vangelo, che non i cosiddetti “giusti”, ecco che si realizza quello che Gesù dice a conclusione della parabola odierna: “Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”.

Una volta conosciuto il regno, cioè una volta abbracciata la fede, allora sì che c’è posto per le diversificazioni. Non è più identica la sorte di chi serve Dio per tutta la vita, facendo fruttare al massimo i suoi talenti, rispetto a chi dà a Dio solo i rimasugli della vita, con una confessione rimediata, in qualche modo, all’ultimo momento.

La parabola contiene anche un insegnamento di ordine spirituale di massima importanza: Dio chiama tutti e chiama a tutte le ore. Il problema, insomma, della chiamata, più che quello della ricompensa. Questo è il modo con cui la nostra parabola è stata utilizzata nell’esortazione di Giovanni Paolo II su “vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo” (Christifideles laici). “I fedeli laici appartengono a quel popolo di Dio che è raffigurato dagli operai della vigna…Andate anche voi nella mia vigna. La chiamata non riguarda soltanto i pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti. Anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore” (nr.1-2).

Vorrei attirare l’attenzione su un aspetto che è forse marginale nella parabola, ma quanto mai sentito e vitale nella società moderna: il problema della disoccupazione. Alla domanda del padrone: “Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?”, gli operai risposero: “Nessuno ci ha presi a giornata”. Questa risposta sconsolata potrebbe essere data oggi da milioni di disoccupati.

Gesù non era insensibile a questo problema. Se egli descrive così bene la scena è perché tante volte il suo sguardo si era posato con compassione su quei crocchi di uomini seduti per terra, o appoggiati a qualche muricciolo, con un piede contro la parete, in attesa di essere “ingaggiati”. Quel padrone sa che gli operai dell’ultima ora hanno le stesse necessità degli altri, hanno anche loro bambini da sfamare, come ce l’hanno quelli della prima ora. Dando a tutti la stessa paga, il padrone mostra di non tener conto soltanto del merito, ma anche del bisogno. Le nostre società capitalistiche basano la ricompensa unicamente sul merito (spesso più nominale che reale) e sull’anzianità di servizio, e non sul bisogno di ogni persona. Nel momento in cui un giovane operaio o un professionista ha più bisogno di guadagnare per farsi una casa e una famiglia, la sua paga risulta la più bassa, mentre alla fine della carriera, quando ormai ne ha meno bisogno, la ricompensa (specie presso certe categorie sociali), arriva alle stelle. La parabola degli operai nella vigna ci invita a trovare un più giusto equilibrio tra le due esigenze del merito e del bisogno.

Potrebbero interessarti anche...