Avvento, tempo di accoglienza, oratorio, luogo di accoglienza: una riflessione in vista del Natale.

Il tempo dell’Avvento, che quando queste righe avranno raggiunto ogni casa sarà ormai agli sgoccioli, è il tempo dell’attesa per eccellenza, l’attesa del Signore che viene nel mondo. Quindi, è anche il tempo dell’accoglienza, dell’ospitalità, del “fare spazio” non solo per Gesù che viene, ma anche per i Suoi (e nostri) fratelli, perché “ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Mi sembra che ogni considerazione sull’oratorio, specialmente in questo frangente del Natale, non possa prescindere da tale, essenziale indicazione di Gesù.

Quale è il DNA dell’oratorio, per come è stato concepito da S. Giovanni Bosco? Essenzialmente, una chance di elevazione spirituale, umana e, a quell’epoca, (ma erano altri tempi) anche professionale per i ragazzi che vi erano raccolti. Ragazzi che erano, occorre ricordarlo, praticamente tutti dei poveracci. I figli delle famiglie “per bene”, o benestanti, o scolarizzate non erano, allora, i principali destinatari dell’opera educativa dei salesiani, veri pionieri in questo campo.

Oggi, grazie anche alla storia già percorsa nelle nostre diocesi lombarde, questa realtà educativa è diventata davvero a 360 gradi, ma occorre non dimenticare mai il motivo per cui sorse e l’obiettivo che ne fece una istituzione benemerita: una piattaforma di promozione per una massa svantaggiata. Credo quindi che i quartieri, le parrocchie, i distretti dove l’elemento di una umanità “problematica” si fa più sentire, prima ancora che impaurirsi o cercare affannosamente strumenti per “ristabilire l’ordine” o “operare una cernita”, debbano cristianamente rallegrarsi per essere i più vicini al contesto originario in cui l’oratorio nacque.

Quando, prima di essere destinato alla “Beata Vergine”, confidavo ad alcuni dei miei precedenti parrocchiani le difficoltà che avrei trovato in merito ad alcune dinamiche un po’ turbolente, i più illuminati tra loro mi risposero: “Meglio così, l’oratorio è nato proprio per contesti simili.” Oggi, come allora, dò loro ragione: è proprio qui che si ha la possibilità di lavorare davvero secondo la missione più autentica del progetto di don Bosco.

Venendo al dunque, credo non sia il caso di stracciarsi le vesti eccessivamente (cito episodi reali): se una anonima sassata manda in frantumi il finestrino del pullmino parcheggiato di fianco alla Chiesa (costo: euro 1200); se durante il doposcuola un ragazzino irrompe nell’aula dove i bambini fanno i compiti gridando trionfante (all’indomani della strage di Parigi) che Allah è grande; se proprio durante i giorni in cui il vicario è ai consigli di classe o agli esercizi spirituali tutta l’energia repressa dei preadolescenti sembra esplodere con l’ausilio di petardi, miccette e scorribande assortite; se, mentre giocano a calciobalilla, alcuni dei ragazzi più grandi utilizzano un linguaggio che non sembra provenire esattamente da Oxford; se sotto il portico la spazzatura fuori dai cestini è sempre magicamente superiore a quella dentro. Di fronte a queste situazioni, dicevo, secondo me non c’è troppo da scandalizzarsi: occorre semplicemente agire: rimproverare, metterci la faccia, educare (e grazie al cielo ci sono validi collaboratori che la faccia ce la mettono sul serio).

Quello che mi scandalizzerebbe di più è il moralismo di chi si straccia le vesti e non fa nulla. Quello che mi preoccuperebbe di più è la scusa di chi, ipoteticamente, dicesse che non porta più i bambini da noi perché c’è un ambiente “non idoneo” (quando, magari, il vero motivo è l’andare in cerca, nelle altre parrocchie cittadine, di situazioni in cui non sia richiesto un coinvolgimento diretto dei genitori, a livello di presenza attiva e responsabile. E qui sta la distinzione tra le famiglie per bene e le famiglie perbeniste). Oppure quella di chi si scandalizza dicendo “ma di questo passo dove andremo a finire” e intanto non mette mai piede in oratorio, per non trovarsi nella situazione imbarazzante di dover rimproverare un ragazzo. O magari, quella di chi invoca espulsioni o epurazioni senza aver mai preso una posizione, perché tali epurazioni le devono fare gli altri. Di queste misure estreme si può (e si deve) sempre discutere, ma gli unici pareri degni di ascolto sono quelli di chi, in oratorio, ci mette la faccia per davvero.

Venendo ad alcune notizie spicciole, e  decisamente incoraggianti, menzionerei: il buon ritmo e l’energia con cui sono partiti i cammini di iniziazione cristiana; l’ottima presenza (e qualità della presenza, in termini di interesse e partecipazione) dei catechismi adolescenti e giovani, oltre che dell’Azione cattolica giovani e giovanissimi; la tenace volontà dell’ACR di offrire una proposta qualificata, ben preparata e coinvolgente per i più piccoli; la presenza di un gruppo di volontari per il doposcuola davvero encomiabile; l’offerta di iniziative di sport e animazione per bambini e ragazzi nel salone che movimenta ragazzini e famiglie; un tentativo in fase di attuazione, ma che lascia ben sperare, di integrare i cosiddetti “giovani più problematici”, grazie anche al prezioso aiuto di educatori professionali; l’opera discreta e responsabile di tanti volontari, adulti e famiglie, che lavorano in silenzio, non amano i riflettori, ma costruiscono il bene giorno per giorno. Ma torniamo al Natale, tempo di accoglienza e ospitalità. Evidenziare il negativo fa certamente più notizia, come lo sarebbe stato, ai tempi di Gesù, puntare il dito sugli albergatori che rifiutarono Maria e Giuseppe, piuttosto che sulla nascita del Salvatore. Noi, distanziandoci dai disfattisti, vogliamo invece concentrarci su un’accoglienza operosa e intelligente, piuttosto che su una denuncia sterile e distruttiva. Penso che anche don Bosco sarebbe di questo parere. E, mi azzardo a ipotizzare, magari anche Gesù Cristo, che nella sua vita si è scandalizzato poco (qualche volta sì, ma non troppo) e si è invece preso cura costantemente di quelli rifiutati da tutti.       

Don Davide

 

Potrebbero interessarti anche...